due chiacchiere

Standing forward of the white line

La giornata lavorativa di Enrico volò in un baleno. Grazie anche al bel clima che da tempo s’era instaurato in ufficio, con i colleghi. C’era ad esempio Alessandro, un ragazzone dalla pelle olivastra, seguace della religione degli abbronzati, che approfittava di ogni occasione per potersi crogiolare un po’ al sole. Forse proprio l’esposizione prolungata gli donava, è proprio il caso di dirlo, un carattere solare, positivo, sempre pronto ad inventarne una nuova. Era con lui che Enrico condivideva l’ufficio, ed era grazie a lui che s’era potuto ambientare in quel contesto lavorativo. C’era poi Lionello, a due passi dalla pensione, che con Alessandro condivideva la passione per il calcio, e con il quale si lanciava in lunghe ed accese discussioni su questo o quel giocatore. Enrico, che per questo sport (e non solo) era stato sempre negato, li ascoltava con ammirazione, ed avrebbe dato chissà cosa per essere, almeno un po’, ben informato come loro. C’erano infine Marco e Dalila, marito e moglie nello stesso ufficio, per la serie ci si vede 24 ore su 24.

Le ore erano passate dibattendo sul modo corretto di pronunciare la parola stand-by (riferita alla possibilità di mettere “a dormire” il computer): stambei, stenbi, ecc. Quando Enrico timbrò il cartellino, ancora rideva per tutto il castello di supposizioni che avevano derivato da quel semplice errore di pronuncia. Si diresse verso il parcheggio, dove l’aspettava la sua (seconda) amata, l’utilitaria che l’aveva accompagnato in mille avventure in giro per l’Italia, dalle alte montagne del Trentino fino agli estremi confini della Sicilia meridionale, passando per i paesini sperduti negli Appennini (hai mai provato a fare l’Emilia invece che il valico dell’autostrada del Sole?) e per le coste più belle della Calabria. Mise in moto e si diresse verso la piscina comunale, dove per un’ora si sarebbe lasciato alle spalle il resto del mondo, che lì, sott’acqua, non poteva raggiungerlo. Il rumore delle bracciate che si fanno strada nell’acqua tiepida, i gridolini delle ragazze della fila accanto, le istruzioni ritmiche dell’istruttore a bordo piscina, e nient’altro.

Commenti

  1. ha scritto:

    Non mi fanno impazzire le delucidazioni date al lettore tra parentesi… soprattutto la seconda che è una domanda di cui non si potrà tenere conto andando avanti nel brano.
    Ciao,
    Emanuele
    PS: uff sono critico anche in questo… 🙁

  2. ha scritto:

    Ovviamente per il resto è carino eh… 😛
    Ciao,
    Emanuele

  3. camu
    ha scritto:

    @Emanuele: si, critica pure… io intanto sorrido leggendo articoli come questo 🙂 Forse io sarò troppo “pro-americano” ma tu mi pare che a volte abbia gli occhi foderati di prosciutto, scusa.

  4. Francesco
    ha scritto:

    Ciao,

    gustato il racconto, con riferimento ai commenti devo chiedervi spiegazioni.
    Qual’è l’oggetto del contendere? Non leggo filoamericanismo nel racconto, non trovo il nesso con la Palermo coperta dai rifiuti, il prosciutto si riferisce a?

    Help me please.

    Salutone

    Francesco

  5. camu
    ha scritto:

    @Francesco: beh, se proprio hai tempo, puoi leggerti i commenti di Emanuele a questo e poi a questo articolo 🙂 Il suo sport preferito su questo blog è sempre stato quello di criticare… a prescindere dal tema trattato negli articoli che scrivo. Per la serie: parlare della pagliuzza nell’occhio del vicino, quando non ci si accorge della trave conficcata nel proprio. O forse ci se ne accorge, ma intelligentemente la si tace.

  6. Francesco
    ha scritto:

    Ciao a tutti,

    vedo la vis polemica di Emanuele.
    Penso che ricollocando tutto in dimensioni adeguate di tempo e spazio i confronti accesi possano ricomporsi.

    Camu, come posso inserire un Avatar?

    Grazie, afficionado

    Francesco

  7. camu
    ha scritto:

    @Francesco: segui il link nel disclaimer subito sopra i commenti…

  8. Simona
    ha scritto:

    A me invece piacciono ‘le confidenze sussurate’ fra parentesi; secondo me avvolgono il lettore, come se ‘ammiccassero’.
    Non so se sono riuscita a spiegarmi…
    🙂

  9. camu
    ha scritto:

    @Simona: esattamente. Era proprio l’idea che volevo rendere, con quell’espediente. Un po’ come se la voce fuori campo, che racconta la storia, facesse una confidenza al lettore. Un dettaglio buttato (apparentemente?) a casaccio nel filo del discorso… Ehi, più tardi ti rispondo all’email!

  10. Simona
    ha scritto:

    OK!!!!

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