Sono già passati ben cinque anni da quando il mondo si è fermato. Cinque anni dai giorni di silenzio nelle strade, dalle videochiamate che ci tenevano uniti, dalle finestre aperte per un po’ d’aria e di speranza, dai musicisti affacciati sul balcone a suonare una canzone da fare ascoltare a tutto il vicinato. Da allora abbiamo ripreso a correre, ed il logorio della vita moderna è tornato puntuale a scandire le nostre giornate. Eppure, penso sia importante non dimenticare quanto siano state preziose le piccole cose che abbiamo scoperto in quel 2020. Specialmente in questi ultimi mesi, dalla mia parentesi in Italia lo scorso Ottobre, mi accorgo che ogni giornata è fatta di attimi che spesso passano inosservati. Un caffè con un amico, un abbraccio senza pensieri, il sorriso di uno sconosciuto per strada. Sono questi momenti semplici che danno colore alla nostra vita, che ci ricordano quanto sia straordinario l’ordinario.
La pandemia ci ha insegnato quanto sia fragile la normalità. Abbiamo imparato che ciò che conta davvero non è sempre straordinario o eclatante, ma spesso si nasconde nei gesti quotidiani. Proprio in quei giorni in Sicilia, mi guardavo intorno, e non riuscivo ad ignorare il profumo del pane appena sfornato, il calore del sole sulla pelle, il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva. Apprezzare le piccole cose significa riconoscere la bellezza che ci circonda, anche nei momenti più ordinari. È un atto di gratitudine verso la vita stessa, un modo per connettersi con il presente e trovare gioia nella semplicità.
Specialmente in un’epoca dove siamo continuamente martellati da notizie negative ed eventi sui quali non abbiamo nessun controllo, penso che il segreto sia proprio di provare a fermarci ogni tanto, ed apprezzare quello che abbiamo intorno a noi, finché dura. Guardiamo il cielo che cambia colore al tramonto, ascoltiamo il suono della risata di un gruppo di bambini che tira quattro calci ad un pallone poco lontano, offriamo una gentilezza inaspettata a qualcuno sull’autobus. Perché in fondo, la felicità non è fatta solo di grandi eventi, ma di una somma infinita di piccoli momenti belli.
Commenti
Trap ha scritto:
Mi ricordo ancora come se fosse ieri tutti quei lenzuoli con la scritta “andrà tutto bene” appesi ai balconi, peccato che così sembra che finirà bene “a prescindere”, anche senza dare il massimo, le cose si risolveranno da sole come per miracolo. È come con i vari grandi terremoti che sono accaduti in Italia: all’inizio quando tutti sono in container esplode la solidarietà tra i vicini, poi pian piano quando tornano alla normalità, tutto questo sfuma in un senso generale di indifferenza e si torna uguali a prima.
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camu ha scritto:
Una volta che si spengono i riflettori, è come se quel problema non esistesse più. Io sono anni che parlo della teoria dell’agenda setting, proprio in questo senso. Lo vedo adesso con i Campi Flegrei ed i terremoti. Avoglia a dare allarmi e cercare di sensibilizzare la popolazione, nessuno (governo e residenti) farà nulla finché non sarà troppo tardi, e poi tutti a piangere perché non si era fatto nulla prima. Ma anche dal Covid non abbiamo imparato nulla. Lo si vede con la questione delle uova in questi giorni, e di come la catena di produzione e distribuzione di certi prodotti non sia stata ammodernata per reagire in maniera più snella alle emergenze. Ed intanto a me tocca pagare le uova 8 dollari alla confezione.
Katrina Uragano ha scritto:
Ripenso spesso a quel periodo, sai?
vedo che lo facciamo in molti.
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camu ha scritto:
Si, anch’io non riesco a dimenticare quei giorni, anche se sembrano adesso così lontani. Ci penso perché vedo che non abbiamo imparato nulla, e come zombi addomesticati, continuiamo a girovagare alla rincorsa di chissà cosa, senza apprezzare la bellezza della vita.
Carlo Calati (massimolegnani) ha scritto:
Condivido il tuo appello a godere delle piccole cose. Durante il covid avevamo imparato ad accontentarci del poco e del semplice, sapremo mantenere questo atteggiamento minimalista anche ora che la la bufera e’ passata?
massimolegnani
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camu ha scritto:
Per me la risposta alla tua domanda è NO. Lo vedo nell’atteggiamento delle persone intorno a me. Se c’è una cosa che ho imparato dal Covid è che bisogna essere pazienti, che arrabbiarsi non risolve nulla, specialmente con le persone intorno a noi. Perché tutto può cambiare in un battito di ciglia. Ed invece l’incattivimento generale (non so se sia una parola corretta, ma rende il senso), dettato dalla stanchezza per un mondo che non ha più senso, ci spinge nella direzione opposta.
Aldo ha scritto:
Sai, siccome lavoro in smart working da sempre, pensai: “Benvenuti nel mio mondo.”
Poi, quando tutti presero un cane per uscire, pensai di nuovo: “Benvenuti nel mio mondo.”
Nel condominio dove vivo, ero l’unico ad avere un cane. Ora solo un paio di condomini non hanno un animale domestico.
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camu ha scritto:
L’importante è che si prendano cura sul serio, di questi animali. Comunque è vero che abbiamo scoperto un mondo diverso. Peccato che poi per molti si sia tornati al “vecchio” modo di vivere, specialmente per quanto riguarda lo smart working, che molte aziende qui in America hanno prontamente abbandonato per giustificare i costi degli edifici aziendali.