Mi trovo a bordo piscina in Florida, quindi non fare caso ai rumori che senti in sottofondo. C’è un po’ di venticello, qualche aereo che passa qua e là, qualche macchina, qualche motocicletta. Però mi è venuta l’ispirazione in questa serata serena di agosto di registrare due parole che pubblicherò quando varcherò ufficialmente la soglia dei cinquant’anni fra qualche settimana. Sin da quando sono nato, nella mia mente questa data è sempre stata associata alla fine delle vacanze, quindi ha un sapore dolce ma allo stesso tempo un po’ amaro. Un numero così tondo che segna il mezzo del cammin di nostra vita, non può che ispirarmi una riflessione sul passato, sul presente e sul futuro della mia vita. Ma prometto di essere breve: non voglio annoiarti con una lunga tiritera sull’importanza di diventare cinquantenne.
Ultimamente mi guardo in giro, e mi chiedo cosa nascondano le facce apparentemente tranquille delle persone che incrocio per strada, o anche qui in albergo, quando vedo qualcuno salire nella propria stanza o uscire per strada. Siamo davvero sereni? O facciamo soltanto finta di esserlo, perché i panni sporchi, di qualsiasi natura essi siano, non si lavano mai in pubblico? In un’epoca in cui l’apparenza spesso supera la sostanza, la finta tranquillità è diventata una sorta di armatura sociale, un meccanismo di difesa, qualcosa che ci permette di affrontare le sfide di ogni giorno senza rivelare agli altri le nostre tante fragilità.
Penso si tratti di una specie di riflesso istintivo che si acquisisce con l’età, qualcosa che per me è diventata quasi una risposta immunitaria, visto che oramai di Covid e di risposte immunitarie sono tutti esperti. Una risposta immunitaria a quella pressione che la società ci impone quasi quotidianamente, a mostrarci sempre perfetti, a non permettere agli altri di vedere i nostri dubbi, le nostre ansie e le nostre paure. Un effetto collaterale di come appariamo sui social, e di come stiamo educando la generazione che ci seguirà. Mi pare di averlo già scritto in altre occasioni sul blog: questo atteggiamento porta ad un distacco emotivo, ad una disconnessione non solo con chi ci circonda, ma alla fine secondo me anche con noi stessi. Ad una perdita di empatia ed emotività.
Non lo so, forse qui in America lo noto di più, essendo l’empatia un tratto spesso assente dal DNA anglo-americano. Ho fatto tanti, troppi errori in questi cinquant’anni, e prima o poi ne condividerò alcuni anche qui sul blog, ma non oggi. Ed uno di questi è stato l’ostentare questa finta tranquillità con chiunque mi circondasse, anche con Sunshine. Ma d’altro canto sono stato cresciuto con questa mentalità, ed invece avrei dovuto insegnare alle mie figlie, dando il buon esempio, ad accettare le proprie vulnerabilità e condividerle: ma che ci si può fare, è un atto di coraggio che pochi, pochissimi, riescono a compiere in questa società impregnata di ansia da prestazione.
Ed allora vengo a rifugiarmi qui sul blog, in questa casetta virtuale sperduta nella rete, che diventa alla fin fine una valvola di sfogo della mia vera personalità. Un posto in cui mi sento di poter dire cose che probabilmente non direi alle persone che mi circondano nella vita reale. Perché qui, se a volte sembro anche un po’ immaturo, e probabilmente lo sono, so di non essere giudicato, al contrario della vita reale. Però ecco, la mia riflessione, e con questo concludo, è che la prossima volta che tu senta il bisogno di ostentare una tranquillità che non senti davvero nel tuo cuore, fermati un attimo e chiediti: a chi sto facendo un favore? Forse, mostrando la nostra vera natura, non dico a tutti, ma ad alcune persone di cui sentiamo di poterci davvero fidare, possiamo imparare nuovamente a creare dei legami autentici, e trovare quella pace che tanto cerchiamo, che non troveremo mai fuori, ma soltanto dentro di noi.
Beh, io intanto nel frattempo mi godo la serenità di questa sera a bordo piscina, pensando a queste cose e riflettendo su questi cinquant’anni.
P.S.: per fortuna non sono l’unico ad essere consapevole di non essere diventato completamente adulto, neppure a 50 anni. Grazie Samuele, per aver condiviso quella bellissima foto.
Commenti
I miei cinquant’anni (e parliamo di una vita fa..) hanno sovvertito tutta una serie di certezze cappottandomi l’esistenza (carina ‘sta cosa che attribuiamo sempre ad altri le rersponsabilità..), quindi ti direi di accoglierli con serenità e controllare le cinture di sicurezza.. hai visto mai.. 😉
Risposte al commento di Franco Battaglia
Hai ragione, ho già avuto le prime avvisaglie dell’imprevedibilità delle cose, specialmente superata questa soglia 😉 Peccato che io non sia mai stato un gran patito di montagne russe, quindi la cosa mi inquieta un pochino…
Non credo che “siamo davvero sereni”.
Lo siamo in alcuni momenti, forse. Ma la serenità sta diventando merce rara quanto la felicità.
Risposte al commento di Katrina Uragano
Ed è in queste situazioni che mi chiedo se davvero non si stava meglio quando si stava “peggio”, ovvero prima dell’avvento dei social e di tutto ciò che ci rende così stressati da quell’ansia da prestazione che la società ci impone.
Risposte al commento di camu
Sai io non sono tipo da dire “si stava meglio prima”. Penso che ogni era abbia i suoi pregi e i suoi malanni. Però che i social ci stiano impoverendo – anzi, che sia ormai avvenuto da un pezzo – è senz’altro vero. Non ci sono seconde letture, è proprio così.
Risposte al commento di Katrina Uragano
Lavorando nel settore della tecnologia, sono molto dibattuto sul “si stava meglio prima”: il progresso tecnico ci rende la vita più facile sotto molti aspetti, non c’è dubbio. Però ammetto di avere un po’ di nostalgia per quella semplicità che c’era nella vita dei nonni, quell’essere contenti per il poco che si aveva, che spesso traspare anche nei film dell’epoca. C’era un senso di comunità che ora è venuto un po’ a mancare.
Quando ero bambino pensavo che l’età adulta fossero i 30 anni, che si fosse grandi superata quella soglia. Poi un giorno ho compiuto 30 anni, ero in discoteca e incontrai una mia vecchia compagna di scuola, lei aveva superato la fatidica data da un paio di settimane: le nostre riflessioni erano simili e quel giorno fummo d’accordo nello spostare la soglia a 40 anni. Adesso che ho compiuto 50 anni (il tempo passa veloce) ho spostato la soglia a 60 anni. Non sento da tempo quella mia amica, ma credo che sarebbe d’accordo con me.
Risposte al commento di Samuele
Ed è forse questa una cosa che mi manca del Belpaese, in confronto agli States: che sia culturalmente accettabile non essere mai completamente adulti, portare sempre con sé quel lato da bimbo, che ci consente di stupirsi ancora per le piccole cose della vita quotidiana.
Ti faccio tanti auguri, in ritardo… Io ho ancora qualche mese… E sono sempre una via di mezzo… I ragazzi più giovani mi danno del lei e quelli un po’ più grandi mi danno del tu, dandomi una decina di anni di meno (quando va bene).
Dentro di me, però, mi sento stanca… Per me la soglia è quando se ne vanno i genitori. Dalla morte di mio babbo (4 anni fa, non per Covid) mi sembra che mi siano piovuti addosso una ventina d’anni abbondanti e lo stesso due anni fa quando è morta anche mia mamma…
Non voglio annoiarti ulteriormente… Ti faccio ancora tanti auguri per il tuo compleanno. scusandomi di essere arrivata lunga 😛
Risposte al commento di Fatina Blu
Mi dispiace per i tuoi. Quando se ne vanno i genitori, il mondo sembra assumere una luce completamente diversa. Specialmente se c’è quel rapporto di confidenza, quella sensazione di rifugio, un posto sicuro dove andarsi a riparare (anche spiritualmente) nei momenti difficili. Nel tuo caso sono certo che entrambi vivono nei ricordi delle persone che hanno avuto intorno a loro, vivono in quello che hanno lasciato, non solo materialmente, ma come insegnamenti di vita quotidiana.