due chiacchiere

Il movimento contro il lavoro

Il mondo del lavoro americano ha visto sorgere, da un annetto a questa parte, un movimento popolare d’insoddisfazione contro le condizioni salariali in cui versano molti settori. A differenza dei Paesi europei dove i sindacati hanno un solido potere contrattuale, qui nella nazione a stelle e strisce queste organizzazioni sono molto più frammentate, deboli e fatiscenti (con alcune ovvie eccezioni, come i metalmeccanici). E così nei decenni i salari delle categorie più basse non hanno tenuto il passo con il costo della vita, che è cresciuto ad un punto tale da diventare insostenibile per le generazioni attuali. Da qui nasce il discontento diffuso, etichettato ad un’analisi superficiale come una sindrome da scansafatiche (anche in Italia). La verità, però, è che queste persone sono schiacciate tra un’inflazione in continua crescita ed uno stipendio che non riesce a tenere il passo.

Il grafico del potere d'acquisto mostra una decrescita costante dal 1970

Ora, io non sono certo un economista che ha studiato queste cose in maniera formale, ma se oggi un americano può comprare solo circa un decimo di quello che poteva comprare nel 1970, a parità di salario, non serve certo un laureato a capire perché la gente ha perso la pazienza. E poi diciamocela tutta: a due anni dall’inizio della pandemia, i dipendenti americani sono stanchi, con poche occasioni per  curarsi della propria salute mentale (trovare uno psicologo che accetti nuovi pazienti è un’impresa impossibile, parlo per esperienza personale), e il burnout dilaga tra i lavoratori a salario minimo, alcuni dei quali tra l’altro essenziali. Questo prolungato periodo di incertezza ha indotto molti a riesaminare il ruolo svolto dai loro datori di lavoro nel peggiorare le cose: mentre il capo intasca i lauti guadagni ed impone condizioni di lavoro da schiavista, ai dipendenti non è concesso neppure il tempo di respirare.

Alcune persone ora iniziano ad andare oltre, chiedendo ad alta voce a cosa serve spaccarsi la schiena dalla mattina alla sera come dei criceti in gabbia, quando il (famigerato) sogno americano non esiste più. Nel 1985 andare all’università costava ogni anno circa 3.000 dollari di oggi, aggiustati per l’inflazione. Oggi invece costa 20.000 dollari in media, con le università che si sentono più atelier dell’alta moda che luoghi di cultura, dato che hanno imparato a vendere un prodotto d’elite che solo pochi privilegiati possono permettersi. E la casa? Nel 1970 un’abitazione costava circa 100.000 dollari attuali, e fiorivano le serie TV di coppie che acquistavano la loro villetta con giardino in periferia (come dimenticare la strega Samantha ed il suo buffo maritino, o Larry Hagman e quella peste bionda di Jeannie). Oggi la stessa abitazione costa 300.000 dollari, ed un povero impiegato con figli a carico che guadagna 80.000 dollari all’anno non potrà mai permettersela.

Ecco da dove nasce questo movimento anti-lavoro, di cui persino Elon Musk si è occupato in un recente tweet, confrontando questa apparente massa di sfaticati con la loro controparte cinese, che brucia il proverbiale olio di mezzanotte ed è servile e docile ai comandi del padrone. Alcuni anni fa, l’anti-lavoro era un’idea radicale e marginale, che affondava le proprie radici in frange anarchiche e socialiste estreme. Poi è arrivato il COVID, che ha fatto saltare in aria tutte le politiche del lavoro e di crescita messe in cantiere dai vari governi negli ultimi anni. Così l’incarnazione pandemica di questo movimento è cresciuta più velocemente ed ha varcato i limiti di quei circoli politici.

Il loro ritrovo virtuale è diventato il canale Reddit r/antiwork, una comunità originariamente radicata nell’azione diretta, ma la cui attenzione si è via via ampliata fino a trasformarsi in un dialogo sulle condizioni di lavoro disumane che i partecipanti hanno iniziato a condividere sul forum. Oggi contiene un mix di narrazioni personali che parlano di licenziamenti in tronco senza motivo, di spinte al cambiamento nei luoghi di lavoro ostili, di difesa degli scioperi sindacali in corso, di organizzazione del lavoro e dei modi in cui le persone possono cercare di difendersi. Io ho iniziato a seguire il dialogo di queste persone da qualche mese, ma a volte devo smettere di leggere certi interventi, perché davvero mi colpiscono al cuore per la loro crudezza. Mi rattrista pensare che la società che stiamo lasciando ai nostri figli si sia ridotta in questo modo a causa del capitalismo estremo che pensa soltanto ai profitti.

Forse è troppo tardi per trovare una soluzione a questo problema, e bisogna solo aspettare che il sistema finisca per collassare su se stesso. Saranno pianti e stridore di denti, non c’è dubbio. In Italia, ad esempio, avevo riposto una certa fiducia nel reddito di cittadinanza: un’iniziativa buona e giusta per sostenere coloro che rimangono indietro. Peccato che, come sempre accade in queste cose nel Belpaese, sia tutto finito a tarallucci e vino, ed i soliti furbetti si siano pappati una bella fetta dei finanziamenti stanziati per questo sostegno. E poi, diciamocela tutta, mica lo Stato può continuare queste politiche senza un corrispettivo beneficio: i soldi che escono da una parte (assumendo uno scenario ideale in cui tutti sono onesti), devono pur entrare da qualche altra parte. Chissà, l’automazione (e la cosiddetta tassa sui robot) potrebbe aiutarci in tal senso? Non se i potenti la usano per diventare ancora più ricchi. Insomma, non c’è via di scampo: l’avidità umana finirà comunque per rovinare qualsiasi iniziativa.

Intanto ti lascio un video (in inglese) di una ragazza che, su r/antiwork qualche giorno fa raccontava la sua esperienza ad un recente colloquio. Trai le tue conclusioni…

Listen, I need these companies and these hiring managers to grow up and like get a grip on reality. Okay? I applied to a job where they didn’t list the pay. That was my fault. That was my bad. Okay, I should know, red flag, okay? And I can make a whole separate video about that about how that should be fucking illegal at this point, like, list the fucking pay, it’s a job, okay, anyway, I go through the interview, yada yada yada, we get to the end of the interview. He tells me the pay. It’s low. It’s low. We knew this. We should have known this. And so he asked me how I’m feeling. And I said, frankly, like the pay is low. And I can’t work for that, to be completely honest. And I brought up that it wasn’t listed on the job listing and he was like, “Yeah, you know, here’s the thing. There’s a lot more here to gain than just money. And we’re looking for people that are motivated by more than just money.” Okay. This is what I mean when I say like, they need to grow up. I don’t know what fantasy world you’re living in. Where people are letting you pay them in like gold star stickers or whatever the fuck but I live in the real world where people need money to survive. I did not choose this. I don’t want this. I don’t fucking want this. I don’t want to have to need money, but we both know what it is. We both know the world we live in. How the fuck are you gonna make me seem like the bad guy for needing fucking money like, sorted out, grow up, get a grip. Don’t fucking play with me. That shit pissed me off.

Commenti

  1. Trap
    ha scritto:

    Tutto il mondo è paese, anche delle mie amiche hanno avuto la stessa esperienza della ragazza, qui in Italia.

    Secondo me il problema è che è venuto a mancare l’equilibrio tra i ceti bassi medi e alti, 20 anni fa quelli del ceto medio entravano nelle gioiellerie, oggi non più.

    Risposte al commento di Trap

    1. camu
      ha scritto:

      Esatto: quando un amministratore delegato oggi guadagna centinaia di volte più di un semplice impiegato (mentre negli anni 70 era decine di volte), si è perso l’equilibrio. I soldi ci sono, ma il capitalismo estremo li fa finire nelle tasche sbagliate, e la corda prima o poi si spezzerà. Forse il modello economico Cinese non è poi così male come sembra…

  2. ha scritto:

    Credo che tutto l’occidente sia stretto nello stesso pantano. Non so se i regimi siano una forma di governo migliore, certamente anche loro presentano il conto in forme diverse. E’ difficile però immaginare una soluzione a tutto questo: quale tipologia di governo una società del futuro dovrebbe darsi per far sì che le condizioni umane siano sempre rispettate e mantenute come obbiettivo principale della società stessa? Il capitalismo è un metodo per far progredire promettendo benessere a chi si impegna. E’ stato utile, ha funzionato ma adesso il gioco si è rotto. Quale nuovo paradigma dobbiamo provare a costruire per i nostri figli?
    Ciao,
    Emanuele

    Risposte al commento di Emanuele

    1. camu
      ha scritto:

      Sono d’accordo, il giochino si è rotto. Come la rivoluzione industriale della fine dell’Ottocento ha portato una grande ventata di cambiamento in giro per l’Europa, anche a livello di tipologie di governo (dalle monarchie alle democrazie), pian piano assisteremo a trasformazioni analoghe, coadiuvate dal supporto tecnologico di cui disponiamo adesso. Non succederà da un giorno all’altro, sia chiaro. Ma succederà. Anche perché le risorse diminuiscono, e la popolazione aumenta, quindi il mondo diventerà senza ombra di dubbio un posto sempre più instabile. Per questo penso che la razionalità di un regime come quello Cinese (pur con le dovute correzioni di tiro), possa a lungo diventare la soluzione. Il “free for all” non si può più applicare…

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