Correva l’anno 2018 quando il mio collega José, che è sempre stato aggiornatissimo sulle produzioni per piccolo e grande schermo più gettonate, e la cui conoscenza dell’universo Marvel e di altri supereroi in genera rivaleggia quella di Wikipedia stessa, mi consigliò di guardare la serie TV Legion. José conosce i miei gusti, e non manca mai di colpire nel segno ogni volta che mi da un suggerimento. Ricordo che all’epoca finii per guardai tutte e tre le stagioni nel giro di meno di un mesetto, tanto m’intrigò il concetto di base e la bravura degli autori nello scardinare i criteri classici della narrazione convenzionale. Già, perché guardare Legion per me è stato come se avessi assunto sostanze stupefacenti di un certo livello, un trip mentale come mai ne avevo sperimentati prima. La prima stagione specialmente ti prende alla sprovvista, con le sue continue allusioni a cosa sia vero e cosa sia immaginato dal protagonista.
Per i neofiti dell’universo Marvel, Legione è il nome da supereroe di David Haller, il cui padre è nientepopodimeno che un certo Professor Xavier, un tizio che qualcuno avrà notato tra le scene dei film degli X-Men. Come il padre, David è un mutante con poteri smisurati: dalla telepatia al teletrasporto, riesce a controllare con la sua mente la realtà che lo circonda in maniera sconvolgente. Fin qui nulla di straordinario, penseranno i miei piccoli lettori. La storia si fa interessante quando si scopre che il povero protagonista, dopo aver subìto il pesante trauma dell’abbandono da parte dei genitori da bambino, viene posseduto dallo spirito delle ombre Farouk, un parassita che coabita con lui nella sua mente, procurandogli di fatto sintomi che si manifestano come schizofrenia. Da questa premessa si snocciolano le tre stagioni in cui David e Farouk s’incontrano e si scontrano continuamente.
Il cast d’eccezione contribuisce ad un risultato finale davvero degno di nota: dal protagonista Dan Stevens, già noto al pubblico nella sua interpretazione in Downton Abbey, a Aubrey Plaza nella sua magistrale interpretazione di Lenny Busker. Ti propongo il passaggio di apertura di uno degli episodi, per darti un assaggio di quello a cui andrai incontro, se deciderai di guardare questa serie TV, finita prematuramente per la mancanza di interesse da parte del pubblico americano, che evidentemente preferisce roba più facile da digerire.
E ora arriviamo all’illusione più allarmante di tutte. L’idea che le altre persone non contino. I loro sentimenti, i loro bisogni.
Immagina una grotta dove chi è dentro non vede mai il mondo esterno.
Ma invece vede le ombre di quel mondo proiettate sulla parete della grotta.
Il mondo che vedono nell’ombra non è il mondo reale.
Ma è reale per loro. Se dovessi mostrare loro il mondo com’è in realtà, lo rifiuterebbero come incomprensibile.
Ora immagina che invece di essere in una caverna, tu sia fuori nel mondo, e non ti sia possibile vederlo. Perché non lo stai guardando.
Perché credi che il mondo che vedi attraverso quel piccolo prisma sia il mondo reale.
Ma c’è una differenza. Vedi, a differenza dell’allegoria della caverna, dove le persone sono reali e le ombre sono false, qui altre persone sono le ombre, i loro volti, le loro vite. Questa è l’illusione dei narcisisti che credono che solo loro siano reali.
I loro sentimenti sono gli unici sentimenti che contano, perché le altre persone sono solo ombre, e le ombre non hanno sentimenti. Perché non sono reali.
E se tutti vivessero nelle caverne? Nessuno sarebbe reale. Nemmeno tu, a meno che un giorno non ti svegliassi ed uscissi dalla caverna. Quanto sarebbe strano il mondo, dopo una vita passata a fissare le ombre?
Un’analisi cruda ed accurata del mondo inzuppato di social in cui viviamo oggi, non trovi? Direi che se già solo questo assaggio non t’ha incuriosito, almeno nella modalità narrativa adottata dagli autori, allora questa serie non fa per te. Altrimenti corri a procurarti la tua copia tramite uno dei tanti servizi di streaming a disposizione.