due chiacchiere

Attenzione ai falsi amici

Quando si studia una lingua straniera, nel caso specifico l’inglese, ci si imbatte prima o poi in quelle parole che gli insegnanti in genere definiscono false friends. Cioè che assomigliano ad altre parole della nostra lingua madre, ma hanno un significato completamente diverso. Grazie ai cattivi consigli di questi amici imbroglioni, è facile fare figuracce o semplicemente non essere capiti dal proprio interlocutore. L’approfondimento di oggi vuole proprio essere un piccolo avvertimento: imparare a conoscere il nemico che si nasconde in ogni frase, può aiutarci ad affrontare in maniera disinvolta una conversazione con il nostro cugino americano.

Tra i più famosi

  • Eventually = sicuramente, non eventualmente: we will buy this house, eventually significa che alla fine riusciremo per certo a comprare la casa
  • Concern = perplessità, non concerne: I have concerns regarding this project indica che si hanno preoccupazioni, non “concernimenti” (che tra l’altro non esiste neppure, in Italiano)
  • Attitude = atteggiamento, non attitudine che invece si dice aptitute (simile, in fondo)
  • Figurines = pupazzi per bambini (tipo Big Gim), non adesivi dei calciatori
  • Ape = scimmia, non insetto che punge
  • Camera = macchina fotografica, non camera di una casa
  • Fine = multa, non grazioso e delicato
  • Rumor = pettegolezzo, non rumore
  • Pretend = fingere, non pretendere

Tu quanti ne avresti indovinati? Ma soprattutto quante volte ti è capitato di usare un “falso amico” durante una conversazione, tra l’ilarità generale? A me è capitato, lo ammetto.

Commenti

  1. jgor
    ha scritto:

    Hai mai pensato di tenere un corso di inglese?
    Una cosa tipo Post By Post?

  2. (Lady).Chobin
    ha scritto:

    Voto per il corso d’inglese.
    Non mi è mai capitato perchè non parlo inglese 😀

  3. Occhidigiada
    ha scritto:

    con eventually e attitude mi è capitato di cadere nel tranello, per le altre per fortuna no 😉
    grazie per la lezione, a quanto la prossima??

  4. ha scritto:

    Interessante questo post, mi unisco alle richieste degli altri.
    Solo una cosa… “fine” non sta anche per “bene”?
    “I am fine”… immagino abbia un suono diverso comunque.
    Ciao,
    Emanuele

  5. camu
    ha scritto:

    Sono contento che vi piaccia questa nuova rubrica 🙂 In effetti ci stavo già pensando, è anche un modo per condividere quello che imparo quotidianamente parlando inglese qui in America, dal conducente dell’autobus alla pasticceria. In questo modo il blog diventa anche un momento di “cultura”, leggero e semplice. Emanuele, hai ragione: la parola “fine” ha vari significati, tra cui “a posto” oltre che “bene” come dici tu. Tant’è che se qualcuno ti urta in metropolitana e ti dice I’m sorry, tu rispondi It’s fine, letteralmente è a posto, ovvero non fa niente.

  6. ha scritto:

    ti sei dimenticato del piu terribile
    Actually !!!

  7. giulia
    ha scritto:

    Oh santo cielo! Actually mi ha messa in croce fino all’altro ieri!!! Un altro argomento interessante sono gli “idioms”, ossia quelle “frasi fatte” che esistono in tutte le lingue… Alcune sono le stesse, altre no.
    Ad esempio, “to be in someone else’s shoes” è il fratellino americano del nostro “mettersi nei panni di qualcun altro”.
    In compenso, quando parlano di “a person on the ball”, tutti sarebbero tentati a tradurlo come “una persona in/nel pallone”, ossia uno che si a prendere dal panico e non capisce più nulla. Peccato che per gli amici a stelle e strisce, grazie alla loro simpatica mania del baseball, significhi “avere gli occhi sulla palla”, ossia “essere una persona molto concentrata ed efficiente”.
    GRRRRRRRRRRRRRRRR….

  8. camu
    ha scritto:

    Giulia, non avevo ancora sentito dire quest’espressione della palla, sarà una cosa che usano solo a San Francisco 🙂 Scherzi a parte, proprio su questi modi di dire sto scrivendo un paio di articoli che pubblicherò a breve sul blog. Io ultimamente, più che con actually sono “intrippato” (nel senso che lo uso sempre) con eventually.

  9. Cri
    ha scritto:

    Non dimenticherò mai l’esordio del prof. alla videoconferenza mondiale dall’UNIPI: “I will try to be BRAVE…” voleva dire “cercherò di essere breve…” perché era in ritardo, ma in realtà usò la parola coraggioso… In effetti ci vuole del coraggio a parlare in inglese quando non si sa…

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