due chiacchiere

Archivio degli articoli in biblioteca, pagina 14

Do not back up

Giacomo era proprio una di quelle persone che tutti vorrebbero avere come amico, sia uomini che donne. Con entrambi i sessi sapeva essere “cool” al punto giusto, il suo orientamento sessuale non appesantiva mai le relazioni, il suo essere gay non era mai messo in mostra. Con Enrico s’erano conosciuti alle scuole superiori, e da allora erano sempre stati buoni amici. Era stato persino il suo testimone di nozze, il che aveva voluto dire per Enrico dover rompere la regola dettata dalla tradizione, secondo cui i testimoni sono sempre sorelle e fratelli. Ma per lui era più importante il legame vero con l’amico, che quello imposto dalla parentela. D’altro canto Giacomo era un po’ colui che l’aveva “svezzato”, che proprio negli anni dell’adolescenza gli era stato vicino nei momenti difficili di quest’età. Gli aveva insegnato l’arte di corteggiare le donne, gli aveva fatto fumare il primo spinello, l’aveva persino portato sulla tangenziale una notte in cui erano entrambi ubriachi fradici. Insomma, insieme avevano imparato a gustarsi ogni momento che la vita regalava loro. Leggi il resto di Do not back up

Remain seated and don’t talk

Giacomo ed Enrico s’incontrarono all’ora stabilita sotto la statua di Garibaldi, nella piazzetta a due passi dal bar Ulisse, che aveva i migliori stuzzichini del circondario. Nel vicolo laterale erano stati disposti tutti i tavolini ed i vassoi con patatine, noccioline ed altra roba appositamente studiata per accrescere la sete dei clienti. Ne individuarono uno un po’ in disparte e lo occuparono, mentre Giacomo andava ad ordinare qualcosa per entrambi: già, probabilmente per risparmiare ed aumentare i guadagni, il gestore del bar aveva eliminato le cameriere, e la bevanda te la dovevi andare a prendere direttamente al bancone. Non c’era una vera e propria fila, le persone erano disordinatamente disposte intorno alla cassa, facendosi avanti un po’ a casaccio. Per sé prese un Cuba Libre con Vodka, un drink di quelli oramai fuori moda da un pezzo, mentre per Enrico ordinò una Ceres, che veniva accompagnata da un po’ di sale ed una fettina di limone. S’erano sempre chiesti se davvero in Sud America la bevevano così, assieme alla Tequila. Leggi il resto di Remain seated and don’t talk

Almost perfect

La primavera era arrivata oramai da un po’, e quest’anno il meteo sembrava inclinato a regalare già dalle prime settimane di Aprile, giornate tiepide ed assolate. Quelle in cui fa piacere sedersi fuori, ai tavolini del bar, a consumare una bella insalata durante la pausa pranzo, o a sorseggiare un Martini alla 007 all’imbrunire (o sarebbe meglio dire all’after hours, giusto per sembrare più al passo con i tempi) con qualche amico. Quella sera, Enrico non aveva il corso in piscina, l’istruttore aveva chiesto di spostare la lezione per via di alcune gare regionali in cui era impegnato con i suoi allievi migliori. Così decise di mandare un messaggio a Giacomo, che lavorava in centro, per vedere se gli andava di fare due chiacchiere davanti a due patatine e qualche tramezzino al tonno. Il cellulare vibrò dopo qualche minuto: era Giacomo che confermava volentieri l’invito. Al lavoro era stata una giornata piatta, Alessandro non s’era visto sin dalla mattina, impegnato a seguire un nuovo progetto presso l’altra sede aziendale. Così Enrico non vedeva l’ora di timbrare il cartellino e dedicare un po’ di tempo a se stesso. Leggi il resto di Almost perfect

La barzelletta zozza del sabato

Oggi la mia incursione nella lingua inglese prende una piega un po’ osé: è una barzelletta (che lascerò rigorosamente nella sua versione originale) tratta da Maxim di qualche mese fa. A parte il contenuto, vorrei mettere in evidenza alcune particolarità grammaticali: in inglese la H non è “muta” come in italiano, ma si pronuncia espirando la vocale che segue. Inoltre viene quasi sempre trattata come una consonante, quindi l’articolo indeterminativo che precede è a, non an: a husband, a house, a hospital. Altra cosa: TV è un’abbreviazione per television, e quindi va scritto con entrambe le lettere in maiuscolo. Già, gli americani adorano le lettere maiuscole: lo si vede spesso nei titoli dei giornali, dove la prima lettera di ogni parola è rigorosamente in maiuscolo. Infine un cenno per la parola bunch: letteralmente significa mazzetto (a bunch of parsley, a bunch of roses), ma è spesso usata in senso figurato, per intendere una manciata, un mucchio. A bunch of crap dunque non è altro che un mucchio di fesserie. Leggi il resto di La barzelletta zozza del sabato

Standing forward of the white line

La giornata lavorativa di Enrico volò in un baleno. Grazie anche al bel clima che da tempo s’era instaurato in ufficio, con i colleghi. C’era ad esempio Alessandro, un ragazzone dalla pelle olivastra, seguace della religione degli abbronzati, che approfittava di ogni occasione per potersi crogiolare un po’ al sole. Forse proprio l’esposizione prolungata gli donava, è proprio il caso di dirlo, un carattere solare, positivo, sempre pronto ad inventarne una nuova. Era con lui che Enrico condivideva l’ufficio, ed era grazie a lui che s’era potuto ambientare in quel contesto lavorativo. C’era poi Lionello, a due passi dalla pensione, che con Alessandro condivideva la passione per il calcio, e con il quale si lanciava in lunghe ed accese discussioni su questo o quel giocatore. Enrico, che per questo sport (e non solo) era stato sempre negato, li ascoltava con ammirazione, ed avrebbe dato chissà cosa per essere, almeno un po’, ben informato come loro. C’erano infine Marco e Dalila, marito e moglie nello stesso ufficio, per la serie ci si vede 24 ore su 24. Leggi il resto di Standing forward of the white line

As you surrender to her

Oggi Laura aveva il turno del mattino in ospedale. Mentre Enrico stava sotto la doccia, lei s’era vestita ed ora si truccava davanti allo specchio in camera da letto. L’idea di avere un mobiletto con sgabello e specchio le era sempre piaciuta, vista nei film tante e tante volte, e sperimentata di persona in un albergo di lusso qualche anno prima durante il viaggio di nozze. Così quando ne trovò una dalle misure adatte e dal colore appropriato all’Ikea, non se lo fece ripetere due volte. Ci volle mezza giornata per montare tutti i pezzi, ma alla fine ne era valsa proprio la pena. Un angolo in cui poteva coccolarsi pettinandosi anche per mezz’ora, dopo una giornata dura e faticosa. Ma erano già le sette e quaranta, ed in mezz’ora avrebbe dovuto timbrare il cartellino, quindi non indugiò oltre. Con lo scooter c’avrebbe messo una decina di minuti, anche perché l’ospedale era  fuori città, quindi non si sarebbe neppure dovuta infilare nel traffico mattutino. Leggi il resto di As you surrender to her

Un racconto nato da un sogno

L’altra notte ho sognato un nuovo capitolo di un racconto che il mio cervello sembra aver costruito in maniera del tutto indipendente ed autonoma. Già, mi sta capitando ultimamente di essere spettatore di una storia messa in scena, a puntate, dalla mia mente. A differenza dei telefilm, non mi è dato sapere quando il mio alter ego decide di mandare in onda una nuova puntata, quindi è sempre una piacevole sorpresa, specialmente se le immagini riescono ad imprimersi quel tanto che basta a poterle ricordare anche dopo aver aperto gli occhi. Così ho deciso di trascrivere questi spezzoni qui sul blog, attaccando le parti oniriche con una colla razionale, ricostruendo i pezzi mancanti e, come cantava qualcuno, cercando di dare un senso a questa storia. Anche se un senso, forse, questa storia non ce l’ha. Le “puntate” non avranno un ordine sequenziale e neppure una cadenza specifica, per preservare quel retrogusto onirico da cui tutto ha avuto origine. Buona lettura. Leggi il resto di Un racconto nato da un sogno

I mestieri dello zio Tom

L’estate sta finendo, cantavano i Righeira quand’io ero ancora un giovane virgulto. La stessa cosa si potrebbe dire quest’anno, in cui le temperature altalenanti fanno sembrare questa stagione tutt’altro che associabile con mare, vacanze e divertimento. Ma sole o pioggia che sia, è comunque il tempo di dare una sistematina alla casa: tinteggiare quella parete annerita della cucina, cambiare il vecchio lavandino del bagno o il rubinetto che gocciola, abbellire il prato fuori casa con qualche aiuola o alberello nuovo. E così apri le Pagine Gialle e scorri con il dito nelle relative categorie. L’inglese, in questo senso, facilita abbastanza il compito: spesso basta aggiungere la desinenza -er ad un sostantivo o ad un verbo per ottenere il mestiere corrispondente. Vediamo alcuni esempi: to build, costruire, è associato al builder; to move, traslocare, invece è svolto dal mover; il landscape della tua villetta è curato dal landscaper. Leggi il resto di I mestieri dello zio Tom

Torna in cima alla pagina