Qualcuno forse ricorda i tempi d’oro di Silvio, quando lo vedevamo spesso da Bruno Vespa a perorare la sua causa sulla gestione della cosa pubblica. Ognuno ha la propria opinione su un uomo che, lo si voglia o no, ha influenzato il corso della storia italiana. Quindi non starò qui a dibattere i suoi pregi ed i suoi difetti, anche se penso che se fosse ancora vivo, lui una telefonatina al suo amico Putin l’avrebbe fatta di sicuro, per farlo ragionare un po’. Comunque sia, non è di questo che volevo parlarti oggi. Ho citato Berlusconi perché l’altro giorno pensavo a quando propose la patente della quattro i, un modo semplice per riassumere quali fossero le priorità dell’Italia. Ecco, sono convinto che anche Trump, ed il Progetto 2025 di cui avevo parlato circa un anno fa, abbiano come obiettivo tre i: istituzioni, istruzione, importazioni. Ma non per costruire un Paese migliore come voleva far Silvio, quanto piuttosto per distruggerlo.
Tutti si stupiscono adesso delle boutade quotidiane a cui ci ha assuefatto Donald, ma era tutto scritto nero su bianco proprio in quei documenti, che ora vengono messi in pratica per smantellare (e ricostruire, secondo loro) una nazione che ha perso la propria identità, affogata nel capitalismo più sfrenato e spietato, che non guarda in faccia a nessuno. A partire dalle istituzioni, che vengono messe a dura prova da un presidente mercuriale che, non dimentichiamolo, ha fomentato senza farsi scrupoli un attacco al Parlamento pochi anni fa. C’è gente che è finita in galera in questo Paese per molto meno, ma tant’è. Ecco cosa scrivevo l’anno scorso in merito:
La base del Progetto 2025 è costruita su un piano d’azione che parte dal licenziamento di decine di migliaia di dipendenti federali per sostituirli con persone fedeli al credo repubblicano. Una specie di spoils system estremo che mira a purgare le agenzie federali e rimodellare il potere esecutivo in un sistema che consenta ai repubblicani di mettere in pratica la loro agenda rivoluzionaria.
Poi viene l’istruzione. Lo stereotipo dell’americano medio che non è un genio, ho dovuto riconoscere a malincuore negli anni, è tutt’altro che inventato. Ma la colpa è di un sistema scolastico pubblico che si accontenta di fornire un’educazione superficiale, quanto basta per diventare un impiegatuccio passacarte in qualche azienda della zona. Quelli che vogliono dare un futuro ai propri figli, li mandano a studiare in costose scuole private, che li formano a livelli più ragionevoli, stimolando il loro cervello e rendendoli in grado di diventare cittadini del mondo. Ma d’altro canto anche questo fa parte del piano: i cittadini ignoranti sono più facili da controllare e manipolare, specialmente se nel mix s’inseriscono i social. L’esperienza di Cambridge Analytica, di cui pochi ancora si ricordano, ne è un esempio lampante.
Ed infine si arriva alle importazioni. La piaga dei dazi sta indebolendo i mercati azionari, che in America hanno un impatto molto più profondo di quello che si possa pensare a prima vista. Già, perché qui la pensione pubblica sono pochi spiccioli, e molti di noi hanno un fondo pensione integrativo, grazie anche alle agevolazioni fiscali di cui si può usufruire versando contributi in questi salvadanai privati. Il problema è che questi fondi pensione sono legati a doppia mandata alle performance dei mercati azionari. Così, mentre gli oligarchi potranno fare incetta di titoli azionari a prezzi da mercatino del sabato pomeriggio, la gente comune vede sgonfiare il proprio salvadanaio giorno dopo giorno. Eppure, come scrivevo l’altro giorno, i prezzi continuano ad aumentare sempre e comunque.
In tutto questo, il grande assente è il partito democratico americano. Che fine hanno fatto Biden, la Harris, e soci? Sono completamente scomparsi dalla scena, e non si vede all’orizzonta nessuna proposta alternativa per uscire da questo pantano in cui ci stiamo cacciando. Anzi, di recente hanno eletto il nuovo segretario di partito: un agnellino che, tra le altre cose, ha sostenuto e sostiene Israele ed alcune delle politiche messe in campo dai repubblicani. Almeno in Italia Conte e Schlein fanno la voce grossa, ma questo tizio è proprio muto e snobbato anche dai suoi. L’ho già detto e lo ribadisco: se siamo in questo casino, la colpa è principalmente dell’inettitudine dei democratici. Per questo ho votato Xi Jinping.
Il Paese a stelle e strisce si sta proprio cacciando in un bel guaio. Io intanto ho rinnovato il mio passaporto italiano proprio qualche settimana fa. Non si sa mai.
Commenti
Trap ha scritto:
Ho sentito parecchi commentatori su youtube. Praticamente quello che vuole Trump è liberarsi della dipendenza cinese, perché ora gli USA non sono in grado di essere autonomi nella produzione, soprattutto militare. Il bello è che la Cina ormai ha un’esperienza manufattiera durata ormai da decenni, unita al suo sistema di approvvigionamento delle materie, insomma un meccanismo così complesso e tutto articolato. Il sogno di Trump è replicare tutto questo negli USA, credo che alla fine porterà a costi ben maggiori e tempi molto lunghi per replicare quello che ha fatto la Cina in decenni.
Il colmo è che questa situazione è stata voluta dagli USA con la globalizzazione, usando il dollaro come valuta forte e di riserva. Oggi, assieme ai contro dazi, il presidente cinese ha annunciato l’entrata in vigore del concorrente del SWIFT.
Risposte al commento di Trap
camu ha scritto:
Recuperare il terreno perduto nei confronti della Cina è impossibile. Ma gli americani che spavaldamente si sentono i migliori del mondo, questo non lo vogliono capire. Come giustamente dici tu, decenni di esperienza hanno creato un divario largo e profondo come i dirupi che si vedevano nei cartoni animati di Wile E. Coyote che inseguiva quel disgraziato pennuto. Ma non solo: la Cina ha fatto passi da gigante nelle relazioni internazionali, creando infrastrutture e siglando accordi per procurarsi le materie prime. Senza di quelle, l’America può anche sognare di riportare la manifattura in casa, ma dovrà comunque importare quello che serve per produrre quelle cose.