due chiacchiere

Marvel’s Jessica Jones

Dopo aver finito di guardare con piacere la serie tv Legion qualche anno fa, sono tornato dal mio amico José, il mio spacciatore di fiducia quando si tratta di scoprire qualche nuova produzione che valga la pena guardare, per farmi dare l’imbeccata giusta. Lui, sofisticato connoisseur televisivo come pochi, mi ha scrutato attentamente tra le palle degli occhi, e senza batter ciglio ha emesso il suo verdetto: Marvel’s Jessica Jones. Evidentemente José deve avere un superpotere tutto suo, perché ancora una volta il suo consiglio si è rivelato azzeccato al cento percento. Devo ammettere che non conoscevo questo personaggio, ed in realtà la mia cultura generale nei confronti dei supereroi della Marvel è alquanto terra terra, principalmente per il fatto che durante l’adolescenza ero più attratto dai manga giapponesi che dai fumetti dei superuomini americani, dei quali già si vedeva più che abbastanza in televisione. Per questo motivo anni fa ho intrapreso un lento cammino per rimettermi al passo con i tempi, guardando a poco a poco tutti i film del Marvel Cinematic Universe in ordine cronologico, e serie come questa. Prima di proseguire, il solito avviso ai naviganti: nel seguito parlerò della trama, quindi fermati pure qui se non vuoi rovinarti la sorpresa.

Cominciamo ricapitolando i fatti:

(da Wikipedia) Nata nel quartiere di Forest Hills nel Queens, New York, dall’impiegato delle Stark Industries Dave Campbell, Jessica Campbell cresce idolatrando i supereroi come delle star. Iscritta alla Midtown High School nella stessa classe di Peter Parker, Jessica si prende una cotta per lui ma non riesce a trovare il coraggio di confessargli i suoi sentimenti o di rivolgergli la parola finché, durante una gita scolastica per assistere a un esperimento sulla radioattività, tenta di approcciarlo senza successo in quanto il ragazzo, appena morso dal ragno, fugge dall’edificio in preda al panico. Il giorno successivo, la famiglia Campbell si reca a Disney World per un viaggio premio dato a suo padre da Tony Stark. Durante il tragitto, tuttavia, Jessica inizia a litigare col fratellino Phillip e Dave, per dire alla figlia di moderare il linguaggio, ha un frontale con un camion dell’esercito che trasporta materiale radioattivo. Mentre genitori e fratello muoiono nell’incidente, Jessica entra in coma risvegliandosi dopo sei mesi grazie alle radiazioni cosmiche diffuse dall’arrivo sulla Terra di Galactus.

A differenza del tipico telefilm pieno di effetti speciali, l’ambientazione scelta per Jessica Jones è volutamente noir, a partire dalla divisa (giacca in pelle nera e pantaloni neri) indossata dalla protagonista. Uno stile che mi ha sempre affascinato, anche quando scrivevo storielle per passatempo. La regia si concentra sul lato squallido e meno patinato del Marvel Cinematic Universe, dato che Jessica (Krysten Ritter) si guadagna da vivere come investigatrice privata, spesso carpendo segreti inconfessati di coniugi traditori, sorseggiando il suo liquore preferito al bar di Like Cage. Krysten fornisce una performance azzeccatissima, rappresentando nella maniera più naturale gli spigoli ed i demoni di Jessica, una ragazza che sotto una corazza dura nasconde un’indole sempre pronta ad aiutare gli altri bisognosi, anche tramite i superpoteri che può usare a tale riguardo.

Ovviamente, come in ogni storia che si rispetti, un eroe deve avere un cattivo da sconfiggere, e per Jessica quest’essere immondo si chiama Kilgrave, ed ha il nefasto potere di far fare agli altri quello che vuole. Un sociopatico completamente narcisista senza moralità o codice di sorta, anche Kilgrave si allontana dallo stereotipo del cattivo che vuole conquistare il mondo o diventare un boss del crimine: a lui interessa soltanto se stesso. Fa semplicemente in modo che le persone facciano tutto ciò che vuole che facciano in quel momento, per puro capriccio. E la lotta tra i due s’infogna nelle viscere della mente, piuttosto che nella banale scazzottata o pistolettata a cui siamo abituati. Un altro punto a favore della narrazione psicologica adottata dagli autori.

I personaggi secondari sono usati per dare una sbirciatina nelle varie sfaccettature della personalità di Jessica. Prendiamo ad esempio Carrie-Anne Moss (Matrix), che interpreta il suo personaggio senza scrupoli in maniera eccellente, e fornisce la via d’ingresso in un aspetto della vita della protagonista che altrimenti sarebbe rimasto inesplorato. E la fotografia di New York è la proverbiale ciliegina sulla torta, specialmente per me che tra quegli scorci ho camminato per tanti anni. In conclusione, Jessica Jones racconta una storia spesso cupa, intrisa d’inquietudine e giochi mentali, specialmente per quanto riguarda il rapporto con Kilgrave. Ma rappresenta una piacevole diversificazione degli stili narrativi, che sfortunatamente è durata soltanto tre stagioni.

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