Il solito appuntamento settimanale con l’asse da stiro è in genere accompagnato o dall’ascolto di un audiolibro, come Meno Dodici, oppure dalla visione di un film in tv. La mole di cose che vorrei guardare cresce ogni giorno a dismisura, e da questa pila enorme ho estratto l’altro giorno I migliori giorni, un film di Edoardo Leo, attore che ho molto apprezzato in pellicole come Smetto quando voglio e Perfetti sconosciuti. Il format diverso, un’antologia di quattro mini storie indipendenti tra loro, è quello che ha stuzzicato la mia curiosità. D’altro canto, era dai tempi di Bianco, Rosso e Verdone che non si vedeva qualcuno usare quest’approccio narrativo. Non mi hanno scoraggiato neppure le recensioni un po’ tiepide e per nulla entusiaste che ho letto velocemente prima di premere il tasto play sul telecomando. Il verdetto finale? Forse quelle recensioni hanno ragione, ma proprio come nel film elettorale di Verdone, ho apprezzato il racconto della quotidianità dei protagonisti, in cui tutti noi possiamo rispecchiarci.
Prima di cominciare, il solito avviso ai naviganti: nel seguito si svelano dettagli sulla trama del film, quindi se non vuoi rovinarti la sorpresa, per oggi puoi pure fermarti qui. Detto questo, devi sapere che in realtà questo film ha un gemello, I peggiori giorni, che sfrutta lo stesso espediente per presentarci una raccolta di storie e personaggi, inclusa la prima che è la continuazione delle vicende di Alessandro (Edoardo Leo) insieme a suo fratello Luca ed a sua sorella Stefania. Io, per non sapere né leggere né scrivere, li ho guardati entrambi, tanto la pila di panni da stirare era grande abbastanza.
Il canovaccio su cui si muovono i vari personaggi sono le feste comandate: Natale, Capodanno, San Valentino ed 8 marzo, e sull’ipocrisia che spesso indossiamo per fingerci felici mentre dentro abbiamo una tempesta di emozioni che ci affligge. Quanti abbracci sentiti, quanti saluti calorosi, e quanti sorrisi onesti vivono nello spazio di una festa comandata? Nel mondo dove tutto e tutti sono connessi, si fa sempre più insistente quella chiamata ad apparire spensierati, perfettamente aderenti allo spirito di una celebrazione. Ma le paure e le fragilità incalzanti si fanno sempre più spazio in questi casi, insinuandosi sotto la pelle senza che neppure ce ne accorgiamo.
Il tema non è certo nuovo: a partire proprio da Perfetti Sconosciuti, passando per Parenti Serpenti, fino a Compagni di Scuola (si vede che mi piace Verdone?), il difficile rapporto tra parenti o tra amici, e quella danza delicata tra l’essere e l’apparire, mi ha appassionato molte volte. Probabilmente perché è facile rivedersi in quei personaggi, ed è curioso vedere come reagiscono loro in quelle situazioni in cui ci siamo trovati anche noi almeno una volta nella vita. L’ho già detto altre volte, in fondo è questo il motivo principale per cui mi sento sempre attratto più dai film italiani che da quelli sparatutto americani. Si certo, vedere Keanu Reeves armato fino ai denti scorrazzare per le vie di Roma inseguito da Riccardo Scamarcio può pure essere piacevole, ma non è una situazione in cui posso rispecchiarmi, non è una situazione carica di emozioni profonde, di semplicità, di paure.
L’amore festeggiato a San Valentino, ad esempio, viene ridotto a teatrino di affetti masochistici, in cui si cerca sempre quel pizzico di eccitazione che viene dal desiderare quello che non si ha, sebbene quello che si ha già spesso è più che ragionevole. Il Capodanno, da momento di speranza e gioia per il futuro, diventa una lotta tra ricchi e poveri, traditi e traditori. La festa della donna diventa una denuncia sociale su come la figura femminile venga discriminata sul posto di lavoro. In un teatrino di figure solitarie che fanno fatica a provare un affetto semplice e genuino, le festività con i loro rituali ormai privi di spensieratezza, diventano lo sfondo di un buonismo e di un perbenismo diffuso, che si stende come un velo rappezzato su cumuli di sentimenti e recriminazioni passate.
Ma quindi, chiederanno i miei piccoli lettori, questi due film ti sono piaciuti o no? Se dovessi dare un voto ad entrambi, direi che si meritano una sufficienza piena. L’idea e gli attori in campo che la raccontano sono sicuramente di un certo rilievo, non c’è dubbio. Quello che mi ha lasciato perplesso è il ritmo narrativo delle varie vicende, a mio parere un po’ troppo lento ed appiccicoso. E forse anche il fatto che le varie storie non sembrano avere un epilogo netto, ma preferiscono lasciare allo spettatore ampio margine di interpretazione su come andranno a finire le cose. Tutto condito con un pizzico di retorica artificiale ed un po’ troppo incattivita.