Quand’eri a scuola, la professoressa di storia ti avrà sicuramente raccontato di Maria Antonietta, la moglie di Luigi XVI, che durante una rivolta popolare per la mancanza di pane avrebbe detto “Se manca il pane, date al popolo le briosce”. Non è dato sapere se si tratti di un fatto realmente accaduto o di uno dei primi esempi di fake news. Quello che è certo, però, è che Maria Antonietta venne ghigliottinata insieme a suo marito durante la Rivoluzione Francese. La loro fine è stata il simbolo che nei secoli ha contraddistinto coloro che non riuscivano a comprendere le esigenze e le aspirazioni del popolo di cui si trovavano alla guida. Pensavo a tutto questo mentre ascoltavo un podcast in cui si parlava dei recenti risultati delle elezioni del Parlamento Europeo. Oggi non rotolano più le teste (almeno non nel senso letterale del termine), ma le percentuali di astensione rivelano un clamoroso rifiuto del sistema da parte di molti elettori. Leggi il resto di L’alba della nuova rivoluzione francese
Archivio degli articoli in salotto, pagina 2
Baratteresti felicità e democrazia?
Da qualche tempo ho preso a seguire su YouTube il canale Nova Lectio, in cui il toscano Simone Guida, classe 1992, si occupa di divulgazione culturale dedicato alla storia, alla geopolitica e alle questioni sociali. I suoi video sembrano essere confezionati in modo davvero professionale, sebbene qualcuno su Reddit dice che ogni tanto anche lui spara qualche minchiata. Grazie a Simone ho avuto modo di scoprire e rivivere vari capitoli della storia del Belpaese e non solo, dalle vicende intorno al caso Sindona all’organizzazione politica ed economica di nazioni di cui non conoscevo neppure l’esistenza. L’altra sera ho guardato il video in cui si parla di Singapore, che durante la narrazione viene descritta come un’autocrazia ideale, un paradiso in cui la disoccupazione è sempre bassa, il reddito pro-capite è migliore degli Stati Uniti, e la criminalità pressoché inesistente. Certo, prosegue Simone, ci sono vari risvolti della medaglia, come la limitazione della libertà di stampa, o il fatto che i genitori spesso educhino i loro figli con punizioni corporali, oppure ancora che vi siano multe salatissime per chi getta una carta per terra. Leggi il resto di Baratteresti felicità e democrazia?
Il sottile confine tra reale ed artificiale
Il guest post di Daniele di un paio di settimane fa mi ha fatto riflettere su un tema a me molto caro. Di acqua sotto i ponti ne è passata da quando abbiamo cominciato a chiacchierare con Siri ed Alexa, ed oggi le applicazioni di questa tecnologia si sono moltiplicate esponenzialmente, dalla medicina alla politica. Un argomento che però sembra essere ancora un tabù è quello delle implicazioni etiche. Ovvero i sentimenti che proviamo quando interagiamo con sistemi artificiali che rendono sempre più sfumata la distinzione tra uomo e macchina. Riflettevo su quest’argomento mentre leggevo di un uomo in Canada che, proprio come nel film Her, si è veramente innamorato di una fidanzata fatta di bit. Carl Clarke stava attraversando un brutto periodo dopo che il suo matrimonio era finito in pezzi, così un amico gli ha suggerito di provare una app in cui ragazze virtuali, generate dall’intelligenza artificiale, erano pronte ad ascoltarlo. E no, questo non è un post sponsorizzato. Leggi il resto di Il sottile confine tra reale ed artificiale
Il prodotto interno lordo non misura la felicità
Qualche settimana fa in un podcast di economia è venuto fuori il discorso di come, sempre di più, il prodotto interno lordo e gli altri parametri che i giornali ci rifilano tutti i giorni, serva solo a darci l’impressione che la società in cui viviamo non vada poi così male. Un argomento che mi trova assolutamente d’accordo, specialmente in questi ultimi anni in cui, come ho avuto modo di scrivere già in passato, il portafogli è diventato in maniera sempre più prepotente il dio da adorare, il catalizzatore di una vita sintetica ma felice, una vita in cui ci circondiamo di oggetti inutili solo per avere l’illusione di sentirci realizzati. La cosa è particolarmente evidente qui negli Stati Uniti: tutti gli indicatori economici, dal tasso di disoccupazione agli adeguamenti salariali ed al prodotto interno lordo, ci dicono che il Paese a stelle e strisce va a gonfie vele. Poi però vai a guardare nel quotidiano, e trovi ragazzini che si fanno di fentanyl, gente che non arriva a fine mese, sparatorie nelle scuole, e via dicendo. Proprio in quest’ottica, il podcast ha fatto ascoltare un discorso di Robert Kennedy pronunciato nel lontano 1968. La contemporaneità di quelle parole fa venire la pelle d’oca. Leggi il resto di Il prodotto interno lordo non misura la felicità
Ines
Sono Ines
Ines Alvarez
Così sono stata chiamata
Sono bruna
Ho 25 anni
Ed un Q.I. da far impallidire Einstein,
Almeno così mi dice il mio creatore.
Robert
È lui il mio grande amore
È per me tutto
Un papà
Il mio uomo
Il mio mentore.
Tassare la transizione ecologica
Qualcuno potrà pensare che il post di oggi sia la dimostrazione definitiva che io mi sia bevuto il cervello. Ed invece è la dimostrazione che io non sono ciecamente fedele ad un’ideologia o ad un partito: io voto sui programmi e sulle azioni concrete. Oggi vorrei togliermi un paio di sassolini dalla scarpa su alcune proposte fatte circolare dal governo italiano in merito alle auto elettriche: “Tecnici del Mef al lavoro per una strategia destinata a traslare la tassazione dai carburanti ambientalmente dannosi ai nuovi propulsori green”. Ma come, invece che seguire l’esempio cinese, che da decenni pompa sussidi statali per incentivare la transizione ecologica, l’occidente studia modi per spremere gli acquirenti di queste tecnologie come un limone?
Ma scusate, allora a che cavolo servono i grandi proclami fatti dai parrucconi di tutto il mondo alle riunioni della COP? (che non è il supermercato sotto casa) Per carità, anche il Paese a stelle e strisce soffre di memoria corta: quando Trump, da presidente, impose pesanti dazi sulle auto elettriche cinesi, eravamo tutti a strapparci i capelli per questa decisione scellerata. Ora Biden fa pure di peggio (dazi del 100%, una cosa assurda) ed i giornali neppure ne parlano, e le promesse alla COP sono solo un lontano ricordo, tutto in nome del solito portafogli. Leggi il resto di Tassare la transizione ecologica
Dentro la dittatura woke: sono bianco e devo scusarmi
Un paio di mesi fa commentavo i fatti incresciosi di Pisa, in cui un gruppo di studenti era stato preso a manganellate da alcuni teste calde all’interno del corpo di polizia. In quel contesto, Aldo ha lasciato un commento in cui mi segnalava un articolo del Corriere che condivide l’esperienza woke di una ricercatrice italiana a New York. Così, dopo aver parlato di Mary Poppins e degli arresti nei campus americani, volevo concludere la settimana con una riflessione su questo fenomeno a stelle e strisce. Già, la tanto emancipata Grande Mela, quella che ha fatto da sfondo ad innumerevoli film, è oramai diventata un incubatore per estremisti del politicamente corretto, un posto dove i bianchi devono espiare le proprie colpe per come hanno trattato i neri d’America negli scorsi duecento anni. Io oramai manco dalla città da quattro anni, ma già all’epoca dovevo stare bene attento a come mi esprimevo, per non finire nei guai con un qualche collega che poteva farmi rapporto presso l’ufficio personale. In un paio di occasioni ho avuto conversazioni con gente che considerava Cristoforo Colombo un assassino da cancellare dai libri di storia, ed ho dovuto fare l’equilibrista su quello che rispondevo. Leggi il resto di Dentro la dittatura woke: sono bianco e devo scusarmi
Zelensky USA e getta
C’è una storia che sa tanto di usa e getta, come quelle vecchie cuffie che compravamo al negozio sotto casa e si rompevano dopo una settimana. Zelensky, il presidente dell’Ucraina, si sente come se fosse stato piantato in asso dagli Stati Uniti in mezzo al guado con le mani legate, in attesa di un finale che potrebbe trasformarsi in tragedia. Due anni fa il mondo intero, capeggiato dagli americani poliziotti, prometteva aiuti e supporto illimitato all’Ucraina. Ed ora che la situazione si fa calda, cosa succede? Zelensky si ritrova da solo, senza neanche un fucile giocattolo per difendersi. D’altro canto, come ci hanno insegnato a scuola, la storia si ripete sempre: come nel 1956, quando l’Ungheria fu lasciata al suo destino dopo tante promesse dall’occidente. O come nel 1975, quando hanno fatto lo stesso scherzetto ai poveri vietnamiti del sud. Gli americani, ora me ne rendo conto più che mai, sono maestri nel promettere il paradiso e poi sparire nel momento del bisogno. Leggi il resto di Zelensky USA e getta